Nell’ultimo articolo tratto dalla rubrica Diamo la parola a Fiorella ho parlato di Empatia e compassione, cercando di capire cosa sono e come allenarle
D’ora in poi, in queste conversazioni voglio presentarvi degli approfondimenti sulle emozioni.
Conoscere le proprie emozioni significa avere la padronanza di noi stessi: a volte presentiamo alla Consapevolezza un turbinio, un raggomitolamento di sensazioni corporee e di pensieri. Non abbiamo le idee chiare.
Osservando con la Consapevolezza questo groviglio possiamo dipanare la matassa, traducendola in linguaggio: sento rabbia. Provo paura. Ho un desiderio dilaniante per…
La consapevolezza si può mettere in contatto con la parte più evoluta del cervello, la neocorteccia, che comprende il significato delle emozioni e dei sentimenti: la tachicardia, il dolore allo stomaco, tremito, tensione alle braccia, mal di testa, e tanti altri sintomi che sono la parte corporea delle nostre emozioni.
È importante dare un nome alle emozioni: se sappiamo di cosa si tratta quella sensazione corporea, possiamo decidere il comportamento più adatto all’emozione che stiamo provando.
Avidità e Avarizia
Vorrei esaminare avidità e avarizia. Sono sentimenti diffusi, sono una parte importante del sentire umano.
È così facile non accontentarsi di quanto si ha, e volere di più. Come se non bastasse, l’avidità viene incrementata da studi complessi psicologici e sociologici, che individuano i bisogni, e le voglie, e il senso di inferiorità che sta sotto a questo non essere mai sazi e spendono milioni per fare conoscere attraverso i tanti mezzi pubblicitari esistenti gli oggetti da proporre alla nostra avidità, alla nostra insoddisfazione.
Attualmente questi studiosi dei bisogni umani, target per target, possono avvalersi anche dei social media. Una vera miniera di informazioni per penetrare nelle personalità e sapere cosa proporre a ciascun tipo di persona affinché compri oggetti, servizi, e, peggio di tutto, per condizionarlo nel suo comportamento politico: per chi deve votare, quali opinioni deve imitare…
Quando apparvero, i social furono visti da alcuni come un meraviglioso mezzo perché ci si potesse tutti esprimere e socializzare. Ora comprendiamo che si tratta anche di un diabolico mezzo di condizionamento, un sottile corrosivo della nostra libertà di pensiero, così come la plastica e la crescita del riscaldamento globale corrodono la salute di tutti, uomini e animali.
Non solo siamo incitati all’acquisto, all’appropriarci di quanto più possiamo; veniamo anche spaventati da perdite eventuali, che il mercato finanziario fa sembrare lì in agguato.
L’Avidità
Avidità: desiderio incontrollato e vistoso, che sembra non placarsi neppure di fronte al proprio oggetto
definisce il vocabolario Devoto-Oli.
Può essere ovvio che sia un desiderio “vistoso”, in un tempo come il nostro, in cui l’esibirsi, il farsi vedere, il farsi una foto sempre e dovunque e poi diffonderla il più possibile sui “social” è considerato un bel gioco virtuoso (e redditizio, per le società che studiano i profili sui social). L’esibizionismo, che la psicoanalisi ha sempre considerato più o meno patologico, o almeno immaturo, è divenuto una moda, un essere “in”. Siamo assolutamente avidi di farci vedere, guardateci siamo qui, siamo là, mangiamo questo e quello, ci denudiamo così e cosà…
Non tutte le persone hanno la tendenza a invidiare, o a essere gelose. Ma oggi basta aprire un giornale o una rivista, voler vedere un telegiornale, camminare per una strada con le vetrine, guardare gli abiti altrui e le auto da dove scendono: difficile che non si accenda il desiderio per un bene materiale: c’è un continuo bombardamento di ricchezza e lusso in ogni genere materiale che può anche portare il dolore e la frenesia della cupidigia. I negozi nel loro arredamento imitano i palazzi degli alberghi a cinque, sei, sette stelle…
Che spettacolo pietoso, la gente ferma seduta ad ammirare un negozio stravagantemente lussuoso con cascate d’acqua. Esiste davvero questo spettacolo, è in centro a Milano, e potete individuarlo facilmente.
Vedo gli oggetti desiderabili perché mi sento povera, il lusso perché sento che abiti normali rivelano che non ho valore quanto chissà chi, posseggo otto orologi perché non so mettere un tetto ai miei desideri. E perché dovrei, poi?
Cento persone posseggono quanto due miliardi di persone. Mi pare strano usare la parola persona per i primi; mi piacerebbe domandare loro, cifre alla mano a proposito della distribuzione della ricchezza su questo infelice bellissimo Pianeta, tu sei una “persona”ed è una” persona” anche il pensionato costretto ad andare a mangiare alla mensa dei Frati? Cosa ne pensi delle foto dei bambini africani denutriti?
Non c’è nulla che tu possa fare perché la vostra disuguaglianza abbia qualche limite?
E se io avessi paura di non essere, e se venisse a galla un profondo senso di non valore se non compero il nono orologio? Se tutti i miei figli non hanno una Cayenne? Sono fiero che abbiano una Cayenne, e può darsi – raramente, ma può darsi – che tu abbia guadagnato tutti questi soldi onestamente (è onesto avere molti più soldi di quanto basta a farci vivere nell’agio?)
E se io volessi sempre di più perché nascosto dentro di me c’è un senso inesorabile di non saper contare sulla mia anima, di non dare valore a quelle che sono le virtù dell’anima, la Bellezza e l’amore per la Bellezza, la Bontà e la Generosità legata alla bontà, la lotta perché tutti conosciamo la Verità, in questo mondo dove la corruzione è una piaga che dilaga sempre più e per verità si intende la menzogna che mi dà più soldi e potere.
Bellezza Bontà Verità mi farebbero sentire di Essere.
Se non trovo la strada per sentirmi Essere, milioni di miliardari, e tutti quelli che sono al loro servizio, mi spingono lungo la strada dell’avere. E se fossero vampiri che ci rubano la capacità di esistere, di Essere? queste valanghe di cose, cose, cose, che si allungano ovunque guardo? Cose, immagini di cose, di viaggi, di servizi, fare, fare, c’è anche un’avidità di fare, eccome! Il fare conta, non il suo opposto, l’Essere, essere qui e ora, presenti a osservare, a respirare, a sentire…
L’Avarizia
Sono passata dalla farmacia per comprare un collare anti-insetto: la mia gatta è allergica alle punture di zanzara e sulle orecchiette e nel musino, dove le zanzare hanno via libera ai pizzichi per via del poco pelo, alla gatta si erano formati dei brufolotti. Li grattava, e sanguinavano.
Sul banco c’era un foglio con una richiesta: una ragazza del centro Italia chiedeva la carità di regalare dei collari, perché i cani del loro canile erano tafanati dai pappataci, brutti insetti che oltre a prudere infettano il cane con un grave virus. Prezzo del collare: 36 E.
È passato più di un mese e mi capita di pensare ancora al collare che non ho comprato. Un’amica mi disse saggiamente,
beh, potevi offrire 10 E, e poco per volta si arrivava a comprare il collare.
Non posso dire di aver tenuto nel portafoglio quei trentasei Euro per cupidigia, non so quasi mai quanto denaro ho con me e talvolta persino in Banca. È che non ho avuto cura di uno di quei cani sofferenti, di cui immaginavo bene la sofferenza, dalla lettera accorata lasciata sul banco dalla ragazza che lanciava l’appello.
Forse non ho dato quei soldi per paura di rimanere io senza soldi, oggi 36 euro, domani un’altra somma, non so. Non si diventa indigenti per quaranta euro, non era irrazionale dare quei soldi. Provavo un curioso senso di insicurezza che non capivo, che mi metteva un po’ a disagio, che mi faceva trattenere quel denaro malgrado il dispiacere che provavo per i cani. Bisogna dire che ero con una persona che non avrebbe dato nemmeno tre euro, figuriamoci trentasei. Temevo la sua disapprovazione?
Assagioli scrive che i due grandi problemi umani sono il nostro atteggiamento verso l’amore e… verso il denaro…
Il pensiero del denaro in noi suscita profonde ed intense risonanze, un tumulto di oscure emozioni, di reazioni appassionate… tocca dei punti molto sensibili della nostra personalità.
Vi è capitato di incontrare persone che hanno il denaro nel cuore? Non solo e non tanto per la sicurezza che dà, il potere che dà; per il gusto di contare e ricontare quanto si possiede; per il gusto di rinunciare a un piacere perché aumenti la quantità di denaro che posseggono; c’è chi è pronto a truffare, calunniare, mentire e ricattare pur di non dover cedere Euro, che pure possiede in abbondanza. Donare denaro è comunque donare. Molti pensano che gli altri non meritino doni, che devono tenere tutto per sé, perché loro sono meritevoli e gli altri no…
Mentre il bisogno di sicurezza in alcuni casi – non si ha un lavoro sicuro, o c’è una grande famiglia da mantenere – può essere una ragione per conservar ancora più soldi di quelli che si spendono, e che servono ad accumulare un risparmio sensato (ma c’è mai fine al bisogno di risparmio, se non accostiamo al valore dei soldi altri valori, qualcosa di grande come la “fiducia nella vita “ e nelle nostre capacità? Nella nostra buona sorte, se meritata?)
L’avarizia sarà vinta soltanto, e forse, quando la società umana sarà una vera tribù, solidale, dove ognuno si sente parte del gruppo, anziché sentirsi un Ego isolato. Che immagina, proietta negli altri, quella certa sua nascosta voglia di arraffare… Lasciamo questa vittoria per un dopodomani, nella landa delle utopie?
Oggi, la visione che abbiamo del mondo, specialmente la visione dell’avaro, è che se non ti accaparri il più possibile in denaro e in bene materiali non conti nulla ai tuoi stessi occhi. Figurati se devo cedere qualcosa a una Ong che salva madri e bambini, salva bambini dalla cecità, porta acqua e prodotti nutrienti ai moribondi… loro a me non danno nulla. Perché devo “impoverirmi “ per chi non fa nulla per me?
C’è una certa primitività nell’avarizia, nell’estremo egocentrismo di chi vive divinizzando l’avere. Così come c’è aggressività primitiva nel vero avaro.
Assagioli scrive:
sordide manifestazioni di avarizia che, parlando simbolicamente, fanno “perder l’anima”, si tratta di violente cupidigie che non si arrestano dinanzi ad alcuna colpa, dinanzi ad alcun crimine, da quelli sanguinosi dell’omicida per rapina, ai più raffinati, dannosi e ignobili: quelli di certi fabbricanti o commercianti di armi che per vendere la loro merce fomentano conflitti fra i popoli; quelli di coloro che illegalmente producono e smerciano stupefacenti; quelli di coloro che organizzano la prostituzione e che sfruttano l’interesse pubblicando e diffondendo suggestive immagini e scritti pornografici… liberiamoci della sopravvalutazione del mezzo, dello strumento di possesso e di scambio di beni: il denaro.
Il nostro saggio Assagioli non è vissuto in questa epoca in cui giganteschi apparati pubblicitari spendono somme ingenti per condizionare tutti a comprare sempre più di tutto, al di là dell’utilità e durevole felicità che ci dà ciò che comperiamo!
Come “sgonfiare” il valore del denaro? Il denaro è certo un Archetipo, potente, attrattivo come sono gli archetipi. Desiderare di avere qualcosa di nuovo ogni tanto, di avere il denaro necessario per vivere con un certo agio, avere il denaro che proviene da nostre opere oneste: fateci caso – quel denaro, guadagnato in giustizia, riusciamo a cederlo un po’ più facilmente a chi ne ha bisogno e ce lo chiede…
Qui arriviamo alla questione della quantità di egocentrismo che ci attanaglia. Non abbiamo denaro perché abbiamo lavorato, ma perché il Grande Universo ci ha permesso e di avere denaro e di lavorare per averlo. Il mondo è un insieme coerente, anche se la coerenza è difficile da scorgere e si scorge per lo più sul lungo periodo.
Mio figliolino ebbe una infanzia agiata, rispetto alla mia e a quella di mio fratello era un vero possidente! Chissà se si ricorda che fin da piccolissimo gli dicevo:
poiché ti è stato dato molto, devi dare molto anche tu”
L’avarizia ha in sé tanti pensieri tumultuosi e oscuri, ma soprattutto, l’avarizia coincide con l’Ego: ” io –mio sempre e solo mio per me per la mia gloria, superiorità”
Se si accoglie la concezione religiosa della vita, si deve riconoscere che tutto viene da Dio, che tutto è dato da lui e che quindi in realtà è suo.
Ce l’ha dato in prestito! Siamo depositari, fiduciari dei beni materiali. Il che non significa che non dobbiamo goderne, ma non essere avidi. Mi accorgo, riflettendo che basterebbe ricordarci che siamo una rete di miliardi di persone che hanno lo stesso valore. Ci credono i multimiliardari che siamo una rete dove ognuno ha valore? Questa starebbe la fine dell’egocentrismo, limiti diversi, talenti diversi, ma tutti parte dello stesso Grande Spirito Universale.
Intanto, in tutte le banche del mondo il Denaro sta lì tranquillo custodito con la massima cura, e non è nemmeno un essere vivente…
Non è vero che sta tranquillo. Quanto si agita il denaro: la sua ginnastica si chiama investimento, compra-vendita, interesse…
Un altro genere di Avarizia
C’è un altro genere di avarizia, che non ha bisogno di denaro da regalare o da negare.
È l’avarizia di sé. Le persone, a qualsiasi età, hanno bisogno di relazionarsi le une con le altre. Se mi nego non ti ascolto, o faccio solo finta di ascoltarti e rispondo a caso; non ti guardo davvero, con occhi che osservano con curiosità e desiderio di esplorare chi tu sei. Voglio darmi a te: parlarti di me, dei miei pensieri, di ciò che sento, di cosa mi è successo oggi o qualche anno fa… voglio che siamo, siamo davvero qui, presenti, io e te, in contatto fino a essere un’unità che si ascolta si guarda apre uno spazio unico dove giocano gli scambi.
Voglio fare l’amore con te, ma non in punta di piedi, con la mia pelle che tocca a malapena la tua, coinvolgendo a malapena i genitali, a caccia d’orgasmi trascurando quanto è un meraviglioso vedere ogni parte del tuo corpo, toccare ogni centimetro della tua pelle, lasciare che io sia, interamente, il campo da giochi per le tue mani, per il tuo corpo, peli e profumi e odori come due cuccioli che si rotolano l’uno nell’altro, senza barriere… Avviene sempre che si faccia l’amore così, buttandosi nell’altro, lasciando che l’altro/a insinui tutto se stesso/a nel mio corpo che non è più mio?
Al contrario, è tanto facile essere avari nei baci, essere schizzinosi nelle carezze, frettolosi nei genitali, darsi appena appena… è timidezza, inibizione questo tenere se stessi per stessi, fingendo di fare l’amore con l’altro? O lo stiamo depredando, l’altro, incapaci di non tenerci per noi stessi, ma capacissimi di farci dare, e talvolta di non farci dare nemmeno tanto, inconsciamente convinti che la parsimonia sia un valore, che la vita non abbia un’abbondanza di vita tale da sorvegliarci per paura che ci esauriamo?
Pensiamoci, ricordiamo: non può esserci avarizia se facciamo l’amore, né se colloquiamo sulla nostra vita, se insieme cerchiamo di comprendere quanto è ricco e generoso di contatti umani questo mondo.
Questo mondo nell’antica Cina dei primi secoli d.C. veniva descritto come una Rete di gemme. Ogni gemma di rifletteva in tutte le altre Gemme, e tutte le Gemme si riflettevano in Una.
Rete di Indra era il nome della Rete. Lascia che risplenda la Gemma che sei, accogli le Luci della Rete, e non avrai bisogno di avarizia. Se scorgi la Gemma nel mendicante, nel bambino solo, nella tua Amante delicata.
È così bella ogni Gemma che forse non avrai bisogno di accumulare denaro o di lanciare a tutti sguardi distratti che non ti saziano. Scopri la Gemma: è la tua Anima.
Zio Scrooge di Dickens, infatti, riuscì a vederla solo in un cimitero. Per fortuna sua, era il sogno di un cimitero! Guarì dall’avarizia.