In questa parte del nostro lavoro approfondiremo qualità che formano l’intelligenza emotiva, come la speranza e l’ottimismo, il flusso e l’apprendimento, il mimetismo motorio, l’attunement (o sintonizzazione).
L’intelligenza emotiva è la capacità di usare al meglio le nostre capacità mentali, sia le parti più arcaiche del cervello che le parti superiori, la corteccia cerebrale. Modi “intelligenti” in cui possiamo imparare a usare la nostra mente: ovvero noi stessi.
Imparare per esempio a sintonizzarsi gli uni con gli altri, a trasformare i pensieri negativi in ottimismo, a renderci conto del mimetismo motorio.
Sono qualità semplici, che possiamo usare con piacere: si tratta di portare su di esse la nostra consapevolezza. Ecco: siete invitati a lavorare con la consapevolezza, focalizzarvi sulla Consapevolezza , contattare la vostra mente lasciando che sia abbracciata dall’infinito campo di Presenza Mentale che è la Mindfulness, o Consapevolezza.
Ci sono molti fattori da prendere in considerazione per arrivare a fare buon uso dell’intelligenza emotiva:
- Le preoccupazioni
- Vantaggi comportati dalla speranza e dall’ottimismo
- Ottimismo
- Mimetismo motorio
- L’attunement (sintonizzazione) Il Flusso, ovvero la neurobiologia dell’eccellenza
- Apprendimento e flusso: un nuovo modello di apprendimento
di seguito li esamineremo tutti in dettaglio.
Vivere meglio con l’intelligenza emotiva! Usare le nostre abilità mentali.
Abbiamo già menzionato il fatto che le emozioni possono sopraffare la capacità mentale cognitiva, quella che gli scienziati chiamano” memoria di lavoro”: che è collocata nella corteccia prefrontale, ed è l’abilità di portare a termine ogni compito a cui ci stiamo dedicando.
Quando le emozioni sopraffanno la concentrazione, quel che viene effettivamente annientato è la “memoria di lavoro”, ossia l’abilità di tenere in mente tutte le informazioni rilevanti per portare a termine ciò a cui ci stiamo dedicando.
Nella vita mentale, la memoria di lavoro è una funzione esecutiva per eccellenza, che rende possibili tutti gli altri sforzi intellettuali, dal pronunciare una frase all’affrontare una proposizione logica ingarbugliata.
Quando i circuiti del sistema limbico che affluiscono alla corteccia prefrontale sono in preda alla sofferenza emotiva, a rimetterci è proprio l’efficienza della memoria di lavoro: in altri termini, non riusciamo più a pensare lucidamente.
Nell’individuo che sta vivendo un divorzio lacerante , per esempio– o nel figlio di una coppia che sta facendo quell’esperienza – la mente non si sofferma a lungo sulla routine quotidiana, che al confronto appare banale. Nel paziente clinicamente depresso, i pensieri di autocommiserazione e disperazione, la mancanza di speranza e il senso di impotenza hanno la precedenza su tutti gli altri.
Abbiamo parlato del fatto che una parte del nostro cervello, più arcaica, è legata alle emozioni; mentre un’altra, la neocorteccia, che ha un grandissimo numero di interconnessioni di circuiti neurali, ci dà un gran numero di risposte possibili alle emozioni. Questa mente che “pensa”, razionale, è dominante nella consapevolezza e nella riflessione.
Se perdiamo l’efficienza della memoria di lavoro non riusciamo più a pensare lucidamente, per esempio quando le emozioni (i circuiti del sistema limbico) prevalgono sulla corteccia cerebrale molte nostre capacità vengono bloccate; nella misura in cui le nostre emozioni intralciano o depotenziano la capacità di pensare, di fare progetti, di risolvere problemi, di addestrarci in vista di un obiettivo anche lontano. Le nostre potenzialità di successo nella vita vengono alterate dal non poter usare pienamente le nostre abilità mentali.
Quando le nostre azioni sono motivate da sentimenti di entusiasmo e piacere, o anche da una leggera ansia, possiamo invece continuare a far uso di questa abilità fondamentale che ci spinge alla realizzazione dei vari aspetti dell’esistenza: l’INTELLIGENZA EMOTIVA , in cui la mente emotiva collabora con le capacità razionali.