Cosa abbiamo patito…e sarà finita?
“ Abbiamo subito più di una perdita personale/ abbiamo smarrito la strada nelle tenebre” T.S.Eliot
Ho sentito dire da più persone: sento il bisogno di un gruppo, di stare in gruppo.
Da qualche mese le strade si sono riempite: di gente, di auto, di negozi aperti. Danno un po’ un senso di affanno. Si vede tanta gente mangiare all’aperto. Si vede mangiare! Che bello: il Lockdown ha misurato anche le persone con cui si poteva mangiare, perfino a casa propria, perfino a Natale, la festa dei pranzi.
Potrebbe sembrare fantascienza: facciamo finta di riportarci a prima dell’apparire di Sua Maestà il Virus (sovrano del male!) Se allora ci avessero detto che la Polizia avrebbe potuto fermare un normale cittadino per domandargli dove andava, e a che distanza era da casa sua, e poi se non andava in qualche luogo indispensabile o se era troppo lontano da casa, dargli una multa salata salata, avremmo pensato a uno scenario di fantasia. Fantascienza.
Eppure è accaduto. I danni di una così marcata desocializzazione sono stati tanti. Saranno serviti a farci scoprire l’importanza degli Altri? Cominciamo da un danno fisico: occorre vedere quotidianamente una trentina di persone, anche solo dei passanti, per poter dormire normalmente. Molti hanno sofferto di insonnia.
Anche se spesso risulta opprimente, un luogo affollato rassicura il nostro inconscio e il nostro corpo. Siamo come le pecore (badate, è un complimento, qui) che amano stare vicine e seguirsi l’un l’altra. Abbiamo BISOGNO dei nostri simili! Siamo fatti così: c’è il fenomeno della sintonizzazione, dei ritmi biologici. Sintonizzazione sta a significare che chi lavora insieme, o gli allievi/allieve di un collegio, perfino i bambini dell’asilo, mostrano uguale pressione circolatoria, frequenza del battito cardiaco, livelli ormonali, eccetera. Nel weekend i bambini si sintonizzano con i ritmi dei genitori, per poi riprendere, il lunedì, i ritmi dei compagni.
Questa coerenza tra i nostri corpi la avvertiamo al di sotto della soglia della coscienza, e rassicura, e dà un senso di unione. Se non abbiamo con chi sintonizzarci, proviamo inquietudine, senso di vuoto. La scoperta dei neuroni specchio conferma questi nostri legami inconsapevoli. Mettiamo che tu stia leccando un gelato. Questo comporta l’attività di un certo numero di tuoi neuroni: per tenere in mano il gelato, per leccarlo, per assaporarlo. Ebbene: se ti vedo fare questo, in me si attivano gli stessi neuroni che si sono attivati in te.
Chiusi dentro avevamo pochi stimoli da parte dei nostri simili, perfino quel nascosto rispecchiarsi che è se ci pensate, un vero prodigio. Siamo parte gli uni degli altri… Lock down vuol dire “chiusi dentro”. Suona più drammatico, detto in italiano: suona per quello che effettivamente è stato. Non ci si può dare la mano, si fanno toccare i gomiti. Un gomito non esprime certo quanto una mano… la mascherina separa la mia aria dalla tua aria. Non possiamo respirare la stessa aria, mentre le parole “respirare la stessa aria” sono un buon simbolo dello stare insieme…
Non si stava insieme. Non con i colleghi, si lavorava da casa. Qualcuno lo preferiva, poter interrompere il lavoro, farsi un thè o guardare da una finestra, buttarsi sul letto un attimo… Niente conflitti, antipatie, invidie, emulazioni. Ma era davvero un bene? I conflitti non sono un bene, certo, ma quando si è abituati a un certo grado di tensioni, quelle tensioni ci mancano. Oppure è accaduto che ce la si prendesse con i più deboli, per scaricare le tensioni. E’ aumentata la violenza contro le donne, in casa.
Si sono fatti i lavori di casa con più agio, si aveva più tempo per se stessi. Eppure questi ritmi, più rallentati, portavano anche noia, impazienza. Ci si iscriveva in palestra on line. Muoversi davanti a uno schermo dove una persona faceva esercizi.
Avere più tempo per noi stessi è quello che diciamo sempre, eppure non è la cosa più facile del mondo, quella di stare davvero con se stessi. In propria compagnia. Avendo se stessi come primo oggetto d’amore. Ecco, il lockdown era una buona opportunità per quelli, pochi o tanti che siano, che hanno intrapreso o stanno intraprendendo la strada, che potremmo anche dire “meditativa”, di essere presenti a se stessi. Il più spesso possibile. Qualsiasi cosa si stia facendo. Ma non occorre essere forzati a star chiusi in casa, in una sorta di isolamento da carcere duro, per prendere più sul serio la propria compagnia senza andare a caccia di relazioni o contatti.
Bisogna andarci piano, nel focalizzarsi sul contatto con se stessi. I carcerieri sanno che l’isolamento può fare impazzire. E’ vero che le nostre case sono piene di schermi, e le distrazioni da se stessi sono a portata di mano, qualora lo stare con i propri pensieri e sentimenti si dovesse fare troppo angoscioso.
E poi c’era il perverso fascino della conta quotidiana dei contagiati da Covid, e dei morti. E quanti si ammalano negli altri paesi? E quanti ne muoiono? Insomma, a ripensarci il quadro di insieme di quel recente periodo pare proprio fantascienza. Un po’ come quando, di punto in bianco, le radio annunciarono in diretta che aerei stavano penetrando nelle Torri Gemelle.
Sempre in stile ai bordi della fantascienza, ne sono state dette molte. Per esempio che scienziati di quattro paesi nel famigerato laboratorio dove è nato “Covid il terribile “ avessero fatto esperimenti, vietati ovunque tranne che in Cina, per trasformare i virus che attaccano solo animali in virus che attaccano anche l’uomo. Non fatelo più, grazie.
E si è detto che “Qualcuno” volesse condurre un esperimento sociale su vasta scala. Gentile “Qualcuno”, puoi dirti soddisfatto? Se fosse stato un esperimento, sarebbe ormai durato abbastanza a lungo.
Si è detto anche, e purtroppo questo è plausibile, che solo condizioni planetarie così squilibrate per l’inquinamento , potessero render possibile una tale pandemia.
When we are unconditionally kind and present, we directly dissolve the trance of unworthiness and separation. In accepting the waves of thought and feeling that arise and pass away, we realize our deepest nature, our original nature, as a boundless sea of wakefulness and love. Tara Brach
Le righe qui sopra sono un invito a trovare in se stessi un oceano senza limiti di Presenza e amore.
Un invito che mi pare adatto a questi tempi di Covid o post Covid.
E come fare? Il “come” lo lasciamo per un’altra volta. Mindfulness…