Il nostro insegnante, fratello maggiore, capo boy scout, conferenziere, come lo vogliamo chiamare, – faccio capriole per non chiamarlo Maestro o Guru – tenendoci la lezione delle due del pomeriggio in pineta con accompagnamento di cicale entusiaste di saper cicalare e con il nobile cane Ulisse – ha un’aria così nobile, il bel pelo ispido grigio e un po’ a macchie beige, longilineo:
”ma è un lupo? ”chiedevamo e la risposta era “è un cane lupo“ che non rispondeva a niente, perché quello non era un Pastore Tedesco di sicuro, così si passava alla domanda: “ma è un cane?” senza mai arrivare alla vera specie del nobile Ulisse, perché o non era un lupo-cane o nessuno voleva confessarlo.
I Lupi cani sono creature nate dall’incrocio dei cani con i lupi in Slovacchia e molti ne disapprovano l’esistenza. Per esempio sarebbe il caso di disapprovarne il costo, dicesi millecinquecento euro, con i quali salvi chissà quanti cani dei canili dai pappataci… e li nutri , prendendoti un bel cagnolone dolcissimo anche se meno elegante.
Tant’è. Ulisse si stendeva dietro al padrone e ascoltava la lezione.
Oggi la lezione era sulla paura. Vi dico subito che ne seguiva un esercizio pratico:
stasera ciascuno si prende coperta e/o sacco a pelo e si va a trovare un posto all’aperto dove dormire. Pineta, boschetto, scogliera…potete partire in due o tre e poi vi separate: ciascuno trova il suo posto. Potete vedere qualcun altro da lontano, ma da lontano. State da soli.
La lezione iniziò con una domanda
“La parte di voi che è consapevole di aver paura, ha paura?”
Ah mi salta subito in mente Kabat-Zinn:
“la mia consapevolezza dell’ansia è ansiosa? La mia consapevolezza della rabbia è arrabbiata?” “La mia consapevolezza della noia è annoiata?”
Il discorso che K-Z stava facendo era
“Abitare l’esperienza, non farsi prendere dalle emozioni. La vera pratica consiste nel mettere un tappetino di benvenuto alle emozioni negative”.
Ecco: il tappetino di benvenuto è lo stato di Consapevolezza.
Chiesero durante il Corso settimanale di cui sopra perché Kabat-Zinn non avesse pensato a brevettare il metodo Mindfulness Based Stress Reduction.
“E poi,“ rispose lui, “cosa facciamo? Sguinzagliamo una polizia speciale per la Mindfulness?”
Certi saperi si spargono perché sono troppo importanti perché non si diffondano.
Quando l’emozione è il dolore, o la tristezza
Quando l’emozione è il dolore, o la tristezza, Kabat-Zinn raccomanda che la parte consapevole consoli e abbracci la parte sofferente: come una buona madre con il bambino…
Beh tornando al discorso presente, al nostro Guru-non-Guru, mi venne di dirgli che la Consapevolezza osserva con distacco la emozione penosa ma restano due parti, l’emozione penosa si attenua anche molto venendo osservata ma non scompare, non sempre e non del tutto. Restano, in certo qual modo, due parti. Magari scomparisse l’emozione penosa, faremmo scomparire i farmaci ansiolitici e gli antidepressivi.
Credo che queste due parti staranno con noi molto a lungo, almeno fino all’Illuminazione (che certo in quell’ambiente guidato dal nostro Guru-non-Guru era una possibilità tenuta molto presente, ambita e forse anche obiettivo finale degli insegnamenti).
Una delle Upanishad, testo sacro indiano, si conclude con l’immagine di due uccelli su di un ramo. Uno assapora i frutti dell’albero. L’altro in silenzio sta a guardare.
Di solito facciamo uso dell’immagine del cielo come metafora dello stato di Mindfulness. L’emozione è l’aereo, la nuvola, il temporale…ma il Cielo, la Consapevolezza, pur rimanendo intatta, non cancella il corpo da cui è attraversato.
Beh dico a Guru-non-Guru, quest’uomo bello, simpatico, intelligente e pieno di calore, che stava dandoci lezione:
“rimangono comunque due parti, una consapevole della paura, che non ha paura, ma c’è sempre un po’ anche la paura…”
“Ma lo hai sperimentato tu o lo hai letto da qualche parte?”
mi chiede tutto serio
Certo che l’ho sperimentato io: la domanda mi irrita. Allora queste frasi che ho sentito dire da Kabat-Zinn con tanta disinvoltura e, sempre, con quel leggero accenno di gentilezza amorevole che è propria di Jon Kabat-Zinn stanno scritte da qualche parte? E tu le hai lette? E pensi che io, in questo mare di persone che non osano farti domande, Guru-non-Guru, ti interrompa con una esperienza tanto importante solo perché l’ho letta? Beh, soluzioni non me ne hai date. Due parti.
La lezione seguitò in modo dilettevole, perché gli allievi che si preparavano alla notte all’aperto temevano soprattutto i cinghiali. Si dilungarono sui cinghiali.
Non avevo sacco a pelo o altro così avrei dormito nel mio letto, ma quanto mi sarebbe piaciuto svegliarmi nella notte con un muso grufolante di cinghiale, un po’ stupito, che annusa questo fagotto umano dormiente e scappa spaventato se il fagotto umano si rigira su se stesso brontolando…
No, quella notte nessuno incontrò cinghiali, dopo esser stati tanto a lungo rassicurati dalla scarsa probabilità di trovarne uno: appena a sud di Alghero dove non c’era neanche una boscaglia. Un cinghiale che per di più ti viene a cianfrusare.
I più furbi andarono dalle parti delle scogliere, pensando al vero rischio: le zanzare, che evitano la brezza marina.
Delle due ragazze che erano con me, una, zelantissima, passò la notte tormentata dalle zanzare della pineta e rientrò alle sette e mezza del mattino.
L’altra trovò la faccenda un esperimento troppo artificiale per metter alla prova il suo rapporto con la paura e dormì tranquilla nella sua tendina.