E’ bello cominciare la relazione con uno psicoterapeuta. Intanto sai che si tratta di una persona (lui/lei) abituata ad avere a che fare con gli altri con molto rispetto.
Però quando suoni alla porta provi una certa emozione: sono qui per parlare di me! Mi ascolterà? Comprenderà? Cosa penserà della mia storia?
E se mi fosse, a prima vista, antipatico?
Qualsiasi siano le nostre aspettative, la situazione è diversa dalle altre relazioni umane. I ruoli sono prestabiliti. Sei anche disposto ad accettare il suo/a di giudizio, e a crederci.
Ammetti che sei lì perché hai bisogno di aiuto. Specificamente, il bisogno che questo Dr. o Ds. ti aiuti a star meglio con te stesso. O almeno a capirci qualcosa della tua situazione, che adesso è ingarbugliata quanto un gatto che gioca con un gomitolo. Speriamo che ci capisca qualcosa. Per non parlare di certe persone che circolano per la tua vita (moglie?genitore?) e che sono un bel problema.
Dunque eccoti lì, davanti a una porta sconosciuta. Si apre. Si affaccia una persona sorridente, rilassata.
Dovrebbe diventare un contenitore del tuo mondo interiore, di quel calderone di pensieri ed emozioni che ti accompagna. Non è detto che tu ti aspetti tanto dal tuo futuro psicoterapeuta.
Potresti anche aspettarti il minimo, vuoi perché non pensi di riuscire a “confessarti”, o che Lui/Lei non siano all’altezza di capirti e, soprattutto, di darti risposte utili. Comunque sei emozionato.
Quasi tutti i clienti al primo incontro hanno una simpaticissima aria: quella di uno che è intimidito ma fa finta di non esserlo.
Quanto a me, faccio finta di non essere disinvolta, e dopo aver ricevuto per la prima volta un certo numero di pazienti, lo sono davvero. Solo, cerco di muovermi e parlare con molta cautela per far sentire l’ospite a suo agio.
Si direbbe che si tratta “solo” di due sconosciuti che si incontrano. Ma è molto di più. Sono due persone disponibili, inconsciamente, a momenti di grande intimità.
Ad aprire il cuore davanti a certe situazioni, o racconti, con la stessa apertura semplice che hanno il bambino piccolo piccolo e la mamma.
E’ solo l’inizio e ho ancora tanto da raccontarvi, poco per volta.
Come quella ragazzina che arrivò con un’aria ringhiosa da pitbull legato alla catena. Parlammo un po’. Lei fece un’aria sbalordita, non più arrabbiata per niente:”Ehi, ma lei fa centro nel tirasegno”.
Rimasi un po’ stupita perché se sei un terapeuta appena bravino sei abituato a tirare dalle parti del centro. Poi capii cosa voleva dire. Era piacevolmente stupita.
CON CHI COMINCIARE?
Se hai bisogno, o solo una certa curiosità di contattare uno psicoterapeuta – in definitiva, si tratta di una persona con cui dialogare – è probabile che tu abbia già ricevuto molte informazioni, e da fonti eterogenee.
Per esempio puoi conoscere chi classifica il tuo futuro terapeuta a seconda della sua preparazione “scientifica”, essendo anche parecchio diversi i contenuti del le scuole dove ci si va a preparare alla professione.
E’ vero che ogni scuola di psicoterapia insegna secondo il proprio stile, ma la cosa più importante è che non c’è un incontro tra uno psicoterapeuta e un paziente uguale all’altro. Ogni incontro è unico: così come è unica ogni relazione genitore figlio, marito moglie,; persino tra due amici.
Quindi non puoi sapere a priori come ti troverai con il terapeuta che hai scelto. La sola cosa da farsi è l’incontro. Vedersi e chiacchierare almeno una volta.
Il tuo –forse – futuro terapeuta potrebbe lasciarti entusiasta. Non vedi l’ora di andare al prossimo incontro. Con lui/lei ti si è chiarito qualcosa di te di cui non avevi mai capito il significato!
Oppure il/la psicoterapeuta potrebbero avere una tale comprensione di te che…ti fa sentire che non hai un problema tale da dover fare terapia.